Storie
Viaggiando ho imparato che io posso essere l’altro e l’altro può essere me
Il cretto bianco
di Luca Guzzo
Gibellina Vecchia, nella Valle del Belice, si raggiunge con difficoltà dalla costa di Marsala o Mazara del Vallo, seguendo una strada poco agevole e mal segnalata.
Questo angolo di Sicilia porta con sé il ricordo di uno dei più devastanti terremoti della storia recente, che colpì la notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, con una magnitudo di 6,4. Gibellina fu completamente distrutta, e si decise di ricostruirla a circa 20 km di distanza.
Il nuovo sindaco, Ludovico Corrao, volle trasformare la rinascita della città in un simbolo di riscatto attraverso l’arte, invitando artisti nazionali e internazionali a contribuire con opere che ne celebrassero la rinascita.
Tra questi, Alberto Burri, uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea, ricevette l’incarico di creare un’opera che commemorasse il tragico evento e fungesse da stimolo per la rinascita.
«Quando visitai Gibellina Nuova», raccontò Burri, «mi resi conto che lì non avrei potuto fare nulla. Allora decisi di vedere il luogo dove sorgeva il vecchio paese. Rimasi profondamente colpito. Mi veniva quasi da piangere, e subito mi balenò l’idea: compattiamo le macerie, le armiamo con il cemento e creiamo un immenso cretto bianco, che resti come perenne ricordo di quell’evento.»
Così, tra polemiche e scetticismi, l’opera prese forma tra il 1984 e il 1989, ma fu completata solo nel 2015, in occasione del centenario della nascita di Burri, morto nel 1995.
Dall’alto, il Cretto di Burri appare come una distesa di fratture di cemento che si allungano sul terreno.
Ogni fenditura, larga dai due ai tre metri, attraversa blocchi alti circa un metro e sessanta, per un’estensione complessiva di 86.000 metri quadrati.
Si tratta di una delle opere d’arte contemporanea più vaste al mondo, che ha congelato per sempre la memoria storica di un’intera comunità.
Visitare questo luogo è un’esperienza unica. Camminando lungo le stradine, tra le bianche fenditure, si alternano emozioni intense: dall’angoscia alla meraviglia, dal senso di oppressione a una calma quasi inaspettata. Si immagina la vita che un tempo animava quel luogo: la gente per strada, le botteghe, le auto parcheggiate. È una sensazione surreale, ma al tempo stesso reale.
Gibellina Vecchia vive ancora, scolpita nel cemento, come testimonianza eterna di ciò che è stato.