Storie

Viaggiando ho imparato che io posso essere l’altro e l’altro può essere me

La luce che rompe il buio

di Luca Guzzo

Botiza, un piccolo villaggio situato nel cuore del Maramureș, una regione montuosa a est della Romania, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina, conserva un fascino antico e immutato nel tempo. Qui, tra le vette dei Carpazi, si perpetuano tradizioni millenarie legate alla pastorizia, all’agricoltura e alla lavorazione del legno. 

 

È una terra dove la fede ortodossa è ancora profondamente radicata, soprattutto durante le festività, quando i rituali diventano un momento di intensa spiritualità.

 

Una delle celebrazioni più toccanti avviene nella notte di Pasqua, quando il paese di Botiza e le piccole comunità della vallata si riuniscono attorno alla Basilica di Lemn per la veglia pasquale. In questa notte speciale, gli abitanti portano con sé i loro cestini colmi di uova rosse decorate con una croce, simbolo della Resurrezione. 

 

Avvolti nell’oscurità, attendono pazientemente l’uscita delle prime candele accese dalla chiesa, un gesto che segna il ritorno della luce e la vittoria del Cristo risorto sulle tenebre.

All’interno della Basilica, il sacerdote accende la prima candela, pronunciando le sacre parole “Christos a înviat” (Cristo è risorto). Un piccolo gruppo di fedeli uomini eleva subito le proprie candele, rispondendo con “Adevărat a înviat” (È veramente risorto). Poco dopo, la fiamma viene trasmessa alle donne e agli altri fedeli, mentre il suono solenne delle campane riempie l’aria.

 

Quando la processione esce dalla chiesa, la luce delle candele si diffonde rapidamente tra la folla. In pochi istanti, l’intera comunità, molte delle quali vestite con i tradizionali abiti locali, è illuminata da migliaia di piccole fiamme. 

 

L’effetto è straordinario: un mare di volti che si stagliano nel buio, disegnando ritratti quasi caravaggeschi, in un’atmosfera di devozione e gioia collettiva.

 

Il sacerdote, accompagnato dal canto di “Christos anesti” (Cristo è risorto), guida la processione attorno alla Basilica, compiendo tre giri in segno di rispetto e preghiera. Nel frattempo, i fedeli si scambiano le tradizionali uova rosse in un rito giocoso: ciascuno augura all’altro “Christos anesti” e riceve in risposta “Alithos anesti” (È veramente risorto). Lo scontro delle uova, simbolo di vita e rinascita, è un momento carico di gioia e condivisione.

 

Questo gesto si rifà alla leggenda secondo cui Maria di Magdala, annunciando la resurrezione di Cristo, avrebbe mostrato un canestro di uova miracolosamente diventate rosse, a simboleggiare il sangue di Cristo. La tradizione vuole che le uova siano colorate il Giovedì Santo, con la prima sempre di colore rosso, in memoria del sacrificio e della resurrezione.

 

Terminata la processione, il sacerdote ritorna all’interno della Basilica per proseguire la lunga liturgia notturna. Molti fedeli lo seguono, ma la maggior parte inizia il cammino verso casa, facendo attenzione a non spegnere la fiamma delle candele. Questa luce sacra deve infatti essere riportata nelle abitazioni per accendere i lumi domestici, in segno di benedizione.

 

Il riposo è breve, poiché all’alba tutti si ritrovano nuovamente nei pressi della Basilica, portando con sé i cestini per la benedizione del cibo. Le ceste, decorate con tessuti fatti a mano tramandati di generazione in generazione, contengono i doni pasquali che saranno consumati in famiglia. Il sacerdote, uscito in processione dalla chiesa, benedice ogni famiglia accanto ai propri cestini, mentre i più piccoli ricevono la Comunione, un rito che simboleggia la comunione tra i fedeli e Cristo risorto.

 

Il ritorno a casa segna l’inizio di una giornata di festa, ricca di gioia e gratitudine, in cui si celebra la rinascita, non solo di Cristo, ma di tutta la comunità.